At the top of my grandparents’ house in Udine there is a room which houses the library. As a young kid the highlight of any visit was my grandfather leading my brother and me through a hidden door amongst the bookshelves. It opened into a secret attic, a large room dominated by an enormous model railway, which he built and added to throughout his life. It was a place of wonder and great charm, embedded in my memory with the excitement of the discovery anew on every visit, and the sound, motion and lights of the trains.
Significant though it was in my upbringing, that experience is not what defines my relationship with my grandfather. One day during a family lunch when I was about 16, he revealed to me another of his not very secret passions – his enduring love for photography – and he began to share with me his archive of more than 8,000 photographs.
The large body of photographic work created by my grandfather, Alberto di Lenardo (1930-2018), reflects a joyous middle-class cross-section of life in the 20th century: one of beaches and bars, mountains, road trips, strangers, lovers and friends, half a century of life captured in vivid colours. He had always loved to photograph and continued doing it throughout his life. It was his way of communicating his feelings, allowing him to reveal emotions which in his generation should not be expressed in words. His images faithfully reflect his inner serenity, a state he had always tried to pass on to us, but at the same time they manifest his constant search for stolen images – he preferred his subjects to be unaware of his camera, so that they were unguarded and a pure reflection of the moment.
These pictures, and the way he would get excited while sharing them with me, drawing on his incredibly detailed memory, made me fall in love with photography and conditioned my whole working life in this field. Photography was something just for us, something that he and I shared and jealously guarded for the two of us.
Looking back, his love for model railways was logical and in keeping with his love for photography. The two are easily linked – dioramas are nothing more than the attempt to stop a moment, crystallize it and fix it in a perpetual and unchanging memory... just like a beautiful photograph.
Lingua italiana
All’ultimo piano della casa dei miei nonni c’è una stanza adibita a libreria. Quando da piccola andavo a trovarli, il momento più eccitante per me e mio fratello era quando mio nonno cedeva alle nostre richieste e acconsentiva a farci attraversare una porta segreta nascosta tra gli scaffali della libreria. Era da lì che si accedeva ad un attico nascosto, una grande stanza dominata da un enorme plastico ferroviario che lui aveva costruito e ampliato costantemente nel corso di tutta la sua vita. Era per noi un luogo di meraviglia e di grande fascino. Il ricordo del suono, delle luci e dei treni che passavano e scomparivano nelle molte gallerie del plastico è rimasto incastonato in maniera indelebile nella mia memoria.
Benché significativi per la mia crescita, non furono però quei momenti a determinare il rapporto con mio nonno negli anni a venire. Avrò avuto circa 16 anni quando, durante un pranzo di famiglia, iniziò a parlarmi di un’altra sua grande passione, questa in verità non molto segreta: il suo amore di una vita per la fotografia. Fu allora che, per la prima volta, condivise con me il suo archivio di più di 8.000 fotografie.
Gran parte del lavoro fotografico di mio nonno, Alberto di Lenardo (1930-2018), riflette un gioioso spaccato di vita della classe borghese italiana del 20° secolo: spiagge e bar, montagne, viaggi in auto, sconosciuti, amanti e amici, mezzo secolo di vita catturato in vividi colori. Mio nonno ha sempre amato fotografare e ha continuato a farlo per tutta la vita. Era il suo modo di comunicare i suoi sentimenti e gli permetteva di rivelare emozioni che la sua generazione faticava ad esprimere a parole. Le sue immagini riflettono accuratamente la sua serenità interiore, uno stato d’animo che ha sempre cercato di trasmetterci e allo stesso tempo manifestano la sua costante ricerca di uno scatto rubato e mai bana-le Preferiva infatti che i suoi soggetti fossero quasi sempre ignari della macchina fotografica, così da essere spontanei e reali, un puro riflesso del momento. Queste immagini e il modo in cui lui si emozionava mentre le condivideva con me, disegnandole nella sua incredibile e dettagliata memoria, mi hanno fatta innamorare della fotografia e hanno condizionato la mia intera vita lavorativa in questo campo. La fotografia era qualcosa di nostro, qualcosa che lui ed io condividevamo e custodivamo gelosamente.
Ripensandoci a posteriori, il suo amore per la modellistica era logico ed assolutamente in sintonia con il suo amore per la fotografia. Le due cose sono facilmente e chiaramente connesse. I diorami di un plastico ferroviario non sono infatti altro che il tentativo di fermare un momento, cristallizzarlo e fissarlo perennemente in un immutabile ricordo...proprio come una bellissima fotografia.
Carlotta di Lenardo
London / Londra & Udine 2020
Originally published in 'An Attic Full of Trains' by Alberto di Lenardo, Carlotta di Lenardo (ed.), published August 2020.